Quest’anno come argomento di storia abbiamo studiato
l’emigrazione degli italiani in America. Ecco cosa abbiamo imparato.
Dopo la riunificazione italiana agli inizi del ‘900 molti
italiani si trasferirono in America. Questo spostamento principalmente
riguardava i contadini e in generale i più poveri che per lo più provenivano
dal sud Italia. Questa gente partiva alla ricerca di un futuro migliore e di
più libertà.
Spesso il momento in cui si ritirava il passaporto era il
primo contatto con lo Stato italiano, in cui si capiva di farne parte. Per
partire serviva il biglietto che costava molto caro e per acquistarlo i
contadini erano disposti a vendere tutto ciò che avevano, dal bestiame alla
mobilia ai vestiti.
Quando era tutto pronto si poteva finalmente partire; il
viaggio durava all’incirca 15/20 giorni e aveva i suoi alti e bassi.
I contadini viaggiavano in terza classe ma stavano comunque
abbastanza bene: da mangiare ce n’era sempre e per chi era povero era una
novità, non dovevano lavorare e perciò passavano il tempo in ozio come se
fossero ad una festa, suonavano, parlavano e cantavano. C’erano però anche i
lati negativi: la notte era difficile, gli uomini erano divisi dalle donne ed
erano tutti ammassati nelle stive in condizioni malsane. Inoltre, quando
c’erano tempeste e la nave era instabile molti rimanevano schiacciati sul fondo
della stiva dalle altre persone.
Per chi si dirigeva a New York lo sbarco era a Ellis Island,
un’isoletta al largo della costa dove venivano smistati perché non tutti
potevano restare; si facevano visite mediche che spesso erano rifiutate dagli
italiani non abituati a questo genere di trattamenti. Oltre a questo dovevano
subire dei test di intelligenza che per dei contadini analfabeti erano molto
difficili da superare. Erano fatti perché si pensava che la stupidità fosse
ereditaria e gli americani non volevano che gli Stati Uniti fossero popolati da
“stupidi”. Così alla fine di questi test chi non li aveva superati veniva
rispedito in Italia.
Chi restava invece iniziava ad accorgersi che la vita lì non
era bella e facile come si pensava.
Arrivati a New York gli emigrati venivano collocati in
quartieri abitati da persone della stessa nazionalità e spesso della stessa
regione. Le case erano alti palazzi e al suo interno c’erano molti appartamenti
abitati da molti famiglie insieme, le condizioni sanitarie erano terribili e
spesso ci si ammalava, anche perché spesso in casa tenevano galline o maiali o
altri animali da cortile e anche per questo venivano considerati strani e
selvaggi.
I lavori che venivano praticati dagli italiani erano umili,
precari e poco retribuiti, agli inizi alcuni erano mendicanti e artisti di
strada, poi iniziarono a fare i muratori, i minatori, gli operai e a costruire
ferrovie. Dovevano lavorare molte più ore rispetto agli americani ed erano
pagati meno, così gli operai italiani iniziarono a fare gli scioperi e a
protestare.
Gli italiani spesso avevano lasciato le famiglie in Italia e
per questo mandavano parte dei loro guadagni in Italia. In quegli anni la vita
delle donne italiane cambiò, esse infatti iniziarono a lavorare prima in casa e
poi in fabbrica, principalmente lavoravano in laboratori tessili o facevano
fiori finti; questi anche se erano lavori umili favorirono la loro emancipazione
e la loro importanza nella società perché uscivano più spesso e avevano un loro
stipendio.
La vita all’interno della comunità italiana si fece ancora
più insidiosa a causa di un’organizzazione mafiosa: la Mano Nera. I delinquenti
che ne facevano parte andavano dai bottegai e dai commercianti che avevano
fatto più fortuna e li ricattavano minacciandoli di morte, se non si pagava il
pizzo. Questo era un altro motivo per gli americani di non fidarsi degli
italiani.
Un altro problema era la lingua, gli italiani infatti si
rifiutavano di imparare l’inglese e continuavano a parlare il dialetto. Tra gli
italiani si era però creata una lingua di passaggio: l’italo-americano, le
parole inglesi venivano “italianizzate”, ad esempio fruitstand diventava “fruttostando”. Questa lingua faceva sentire
gli italo-americani italiani veri e uniti.
Gli italiani erano oggetto di razzismo da parte degli
americani, venivano infatti considerati strani per le loro abitudini ma anche
bestie, si pensava che fossero assassini e spesso venivano accusati
ingiustamente.
Qualcosa che invece aiutò l’integrazione delle giovani
generazioni fu la scuola: i genitori dopo le prime titubanze accettarono di
mandare a scuola i bambini che imparando l’inglese iniziarono davvero a far
parte del popolo americano.
Dopo circa vent’anni più o meno la metà degli
italo-americani tornò in Italia, alcuni con un bel gruzzolo da parte; erano
cambiati però, perché in quell’ occasione si erano sentiti veri italiani.
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