domenica 28 febbraio 2016

Il codice (racconto giallo di Andreea Sarmasan)

Avevo deciso di partecipare a una crociera di due mesi attorno al mondo. Una crociera su una nave piena di cabine lussuose con tutto il necessario.
Al loro interno c’era anche la tv a 80  pollici e il fon.
Il letto era comodissimo con le lenzuola e con le federe del cuscino di lino.

Fuori dalla finestra vedevi il mare e fuori dalle parti della piscina, per terra, al posto di una decina di piastrelle c’era il vetro così potevi vedere le meravigliose creature oceaniche: era il paradiso e non volevo più andarmene.


Una ragazza di circa 26 anni e un ragazzo di circa 28 anni un giorno s’incontrarono e per lei fu amore  a prima vista, ma non sono certo che lui provasse la stessa cosa.
Si fidanzarono, ma io ero ancora certo che lui non l’amava veramente.
Le chiese di sposarla e lei con gran sorpresa accettò.
Il matrimonio venne celebrato dal capitano, che aveva la licenza perché l’aveva presa su internet; lei si chiamava Jennifer ed era una brava ragazza.
Jennifer, però, non sapeva il suo più grande segreto: lui aveva una doppia personalità, come Gollum quel mostriciattolo del Signore degli Anelli.

Questo fu causato dalla sua storia, anzi, dalla sua infanzia molto brutta e crudele; aveva solo 3 anni ed era al primo anno di asilo. Non era santo, ma nemmeno monello, era una via di mezzo.
Era odiato da tutti non so il perché. Ogni volta che sbagliava anche solo a mettere le forchette al posto dei cucchiai veniva picchiato fino a farlo sanguinare e ogni tanto veniva frustato e poi gli buttavano acqua salata sulla schiena.
Lo frustavano il doppio nei giorni festivi.
Insomma non ha fatto una bella infanzia.
Suo padre era un criminale e sua madre una drogata.
Comunque era un po’ pazzo.
Io fui presente al matrimonio: era tutto come in una favola. Tutto bianco e viola con qualche tocco di azzurro qua e là.
Sposa stupenda con abito bianco con balze naturalmente viola.
Dietro aveva un fiocco di brillantini: come dimenticarlo!

All’improvviso durante la cerimonia si sentì un urlo e poi …
Una ragazza della camera  74 era morta!
Nonostante tutto la cerimonia continuò e il capitano disse:”Josh, puoi baciare la sposa” tutti urlarono e festeggiarono.
Quando siamo andati a pranzo è stato bello e tutto buono.
Festeggiammo fino a sera mangiando, bevendo e ballando.
Il capitano aveva riservato una cabina per chi si era appena sposato.
2 giorni dopo …
Tutti erano allarmati dalla morte della ragazza e Jessica decise di indagare sul caso.
Il serial killer colpisce ancora.
Viene attaccata la cabina 111 ma in quel caso muoiono tutti. Nessuno capisce il perché. Passate due settimane tutti pensavano che ormai era finito tutto;
e invece …
un’altra famiglia viene uccisa nella camera 115.
Nessuna traccia , nessuna impronta, niente di niente.
All’improvviso un foglio con questi numeri delle cabine.
Ora Jennifer aveva un indizio: le camere non le sceglieva a caso.
Per molti giorni nessun morto, ma a Jennifer venne un’idea: il codice ASCII.


Va, lo cerca e lo trova e i numeri delle cabine corrispondono alle lettere: J, O,S ma cosa poteva significare ?
Era ovvio, formava un nome, Josh, mancava solo più la H la camera  104 era la sua camera, ma c’erano tre Josh sulla nave da crociera: uno che non sapeva nemmeno che cos’era un codice, un altro che aveva nove anni (ed erano esclusi entrambi): l’ultimo era suo marito.
Lei spaventata va e controlla la sua stanza e nell’armadio trova le tabelle e capisce tutto.
L’unico motivo per cui uccideva era per divertimento.
Fu arrestato e chiuso in carcere.
Forse vi chiedete come faccio a sapere i particolari: beh … voi non sapete una cosa di me, io mi chiamo Josh e sono il marito di Jennifer.
Sono evaso e mi nascondo nelle fogne in un vicolo e quando passa qualcuno, immaginate un po’ … scompare nel nulla.


venerdì 26 febbraio 2016

Ebbe tutto inizio quel giorno (racconto giallo di Gianluca Chiale)

Era una giornata piovosa, quando mio padre era disteso sul divano con le mani incrociate, come una mummia.
Io avevo circa dodici anni, e in quell'anno mia sorella faceva
danza classica e mio fratello praticava il football americano,
ma la cosa più grave era che mia mamma mi rimproverava sempre per come mi comportavo a scuola e per i miei brutti voti, infatti mia mamma la dovevano sempre chiamare per una specie di colloquio, e i docenti dicevano sempre:”Signora, Jake non vuole stare mai con gli altri, e si comporta sempre in un modo strano.” Così mia mamma, ritornando a casa infuriata nera, mi picchiava finché non le si stancavano le mani, e io mi chiudevo sempre in camera mia a piangere come un frignone.
Quello, ero io, un ragazzo come tutti gli altri che frequentava un college in America negli Stati Uniti, soltanto con qualche difficoltà in più degli altri.


Passarono anni, fino al giorno che io, un ragazzo ventottenne, ebbi già la responsabilità di avere una casa e una famiglia tutta per me, anche se i miei genitori non erano ancora abbastanza d'accordo su questo, ma io ebbi la fortuna di convincerli, così con un po' di soldi, nel giorno 24 del mese di Luglio partii per una crociera. Ero tutto disorientato perché c'erano navi da una parte all'altra, ma quando finalmente capii qual era la mia, salii a bordo e entrai nella mia cabina.
Era una camera per una persona: con un letto, un bagno, uno sgabuzzino e uno specchio, era la camera 7465.
Erano le 20:00, quando andai al ristorante tutto lavato e pulito, mi accomodai su una sedia elegante, ordinai il mio piatto e quando ebbi finalmente finito di mangiare tutto, sistemai la sedia sotto il tavolo e, proprio in quel momento vidi passare proprio davanti a me, una ragazza bella, alta e snella, che poteva avere circa la mia età, che appena mi vide, s'innamorò subito.
Il giorno dopo, andai a fare colazione al buffet, dove anche lì la incontrai.
Io ero seduto esattamente davanti a lei, ma la differenza era che io ero seduto in un tavolo e lei in un altro, mi bastava avvicinarmi soltanto di qualche passo e, ero lì.
Passai tutto il pomeriggio da solo, e mi sentivo triste, così pensai di poter andare da lei, ma il mio istinto fu interrotto da un tocco alla porta, qualcuno stava bussando.
Aprii e, mi trovai davanti una ragazza alta, snella e bella, era lei.
Subito mi chiese:” Lei è il signor Jake Warton?” E io, non sapendo neanche cosa dire :”Eh... sì!”; e lei mi disse :”Invece, io sono Anna Star, ti ricordi di me?” E io :”Sì, ma certo!!!Andavamo in classe insieme, al college!!, Non è così?”.
Ci parlammo un po' come al college, come due amici, ma quella volta lì non era la stessa cosa, perché quella volta sembravamo tutti
e due, come veri innamorati. Dopo una settimana, decidemmo subito di sposarci, potevo definirlo un amore a prima vista.
Io ero vestito con una giacca nera di pelle e con il papillon e lei con un lungo vestito bianco.
Eravamo solo io, lei, il prete e la gente che si stupiva di questo matrimonio in nave, non l'avevo neanche comunicato alla mia famiglia e ai miei parenti, ma a me non importava.


Passarono cinque giorni dal matrimonio, e io mi sentivo sempre più male e con la nausea, ma la cosa più strana è che ogni notte, è come se mi trasformassi in un' altra persona; non mi rendevo neanche conto di quello che facevo. era una cosa che mi veniva abitualmente, fin da quando ero piccolo, ma che poi dopo un po' di anni quel lato di me scomparve; e perché ritornai così, proprio dopo essermi sposato?. Se ne accorse anche mia moglie, infatti ogni volta lo capiva che non dormivo con lei, e mi continuava a chiedere sempre: ”Perché non vuoi mai dormire con me?”
E aggiungeva sempre :”Non ti piace la camera, solo perché preferivi
l'altra, che aveva il letto solo per uno eh?” Io non sapevo neanche
cosa mi stesse dicendo, così :”Ma no amore, io vorrei dormire con te, ma soltanto che non posso.”
Un giorno di questi, nella notte del 24 Agosto, esattamente un mese dopo la mia partenza, alle ore 24:00 il mio corpo venne alzato dal letto, aprii la porta della stanza e, il mio lato oscuro si svegliò.
Mi ricordo che in quella notte, avevo pure una pistola in tasca, e che da quel giorno avrei tradito mia moglie, facendo finta che tutto questo rapporto fra noi due, sarebbe stato tutto vero, ma che invece era una farsa.
Di notte erano accese le telecamere, quindi tutte le guardie, che avevano il turno di notte, potevano vedere che avevo una pistola e quello che avevo intenzione di fare, e potevano dirlo al comandante ma a me questo non importava un fico secco.
Ad un certo punto, vidi tutte le guardie e la persona che non mi aspettai proprio di vedere, mia moglie; perché era proprio lì ? Ma certo, perché lei lo sapeva già che cosa avevo intenzione di fare, così l'aveva detto alle guardie e con il loro aiuto mi avevano preso. Ricordo solo che mi avevano bendato gli occhi, e rispedito dritto negli Stati Uniti, a farmi ricoverare in uno degli ospedali più vicini; e che la mia famiglia e mia moglie, non li avrei mai più visti, fino a quando mi avrebbero curato bene.


Questa è la mia storia e questo sono io, Jake Warton.





mercoledì 24 febbraio 2016

Diego (racconto giallo di Elena Brignoli)

Quando avevo 30 anni ero incinta…ma non volevo il bambino, non lo volevo perché ero sola.
I miei genitori non c’erano più, i miei fratelli erano spariti nel nulla ed io non avevo un ragazzo…se ne era andato alla notizia di diventare padre.
Avevo chiamato un taxi per andare di corsa all’ospedale, perché stavo per partorire.
Arrivata mi portarono immediatamente in sala operatoria. Dopo un’ora il bambino era nato. Decisi di chiamarlo Diego.
Il suo viso, i suoi occhi, tutto di lui mi ricordava il suo papà. Non volevo, non potevo tenerlo.
Quando tornai a casa lasciai Diego all’ospedale.


Dopo un mese venni a sapere che era stato adottato.
Anna e Marco, i suoi genitori adottivi, erano felicemente sposati; entrambi avvocati avevano uno studio legale.
Gli anni passavano e Diego cresceva tranquillamente. Andava bene a scuola, amava la scherma, aveva molti amici ed era sempre allegro e gentile.
Anna e Marco non gli avevano mai nascosto la realtà, che era stato adottato e che la sua vera mamma non aveva potuto tenerlo con sé.
All’età di 12 anni Diego decise di incontrare la sua madre naturale. Anna e Marco appoggiarono la sua decisione e fecero delle ricerche per rintracciarmi.
Io abitavo in una città a soli 40 KM da loro.
Venni contattata telefonicamente e messa a conoscenza delle decisioni di Diego.
Fui felicissima, non vedevo l’ora di abbracciare mio figlio.
L’incontro avvenne dopo pochi giorni a casa di Diego.
Quando ci incontrammo fu un’emozione grandissima. Non smettevo di piangere e di baciarlo.
Gli raccontai tutta la mia vita, che lavoravo in un negozio di abbigliamento e che dopo suo papà non avevo più avuto nessuna storia, ero sola.
Da quel giorno entrai a far parte della vita di Diego.
Passarono 5 anni ricevetti una telefonata da Anna.
Mi disse che Diego si comportava in modo strano, era scontroso, irritato e passava gran parte della giornata fuori casa.
Nessuno poteva immaginare che Diego aveva scoperto che Anna aveva un amante.
Li aveva visti con i suoi occhi baciarsi in un locale e nei giorni a seguire, tenendo d’occhio Anna,  ne aveva avuto la certezza.
Anna e Marco avevano provato più volte a parlargli ma Diego gli diceva di lasciarlo stare, che non aveva nulla.
Diego che non poteva far continuare questa assurda situazione e decise di affrontare Davide, l’amante di Anna.
Aveva scoperto dove lavorava e lo aspettò all’uscita.
Quando se lo trovò davanti disse che gli faceva schifo, di lasciare stare sua madre e la sua famiglia e di non farsi più vedere.
L’uomo rimase in silenzio tutto il tempo, salì in macchina e se ne andò.
Erano le sei di sera quando una telefonata della polizia avvisò che Diego era morto, trafitto nello spogliatoio della scuola di scherma.


La mia vita, quella di Marco e Anna fu distrutta per sempre.
Chi aveva potuto uccidere Diego e perché?
Forse una rapina, una lite tra ragazzi finita male.
Iniziarono le indagini, ma niente e nessuno dava una spiegazione a quello che era successo.
Anna iniziò a dubitare che Diego poteva saper qualcosa, magari sapeva del suo amante, magari…
Anna si confidò con me, mi raccontò tutto.
Mi disse anche che, da quando Diego era morto, Davide era cambiato, era diverso dal solito e quando gli parlava di Diego si irritava.
Perché? Cosa era successo?
Io e Anna decidemmo di scoprire la verità.
Passavano  le giornate a cercare tra le cose di Diego, a parlare con i suoi amici per scoprire qualche cosa.
Anna faceva molta attenzione al comportamento di Davide.
Un giorno io e Anna andammo nella palestra di scherma, la nostra ultima speranza. Rovistammo nell’armadietto di Diego…niente.
Stavamo per uscire quando io vidi dei graffi sull’antina…mi chinai e vidi che non erano dei semplici graffi…DVE…erano delle lettere…DAVIDE.
Prima di morire Diego era riuscito a scrivere il nome dell’assassino.





domenica 21 febbraio 2016

Il potere delle mie parole (racconto giallo di Cinzia Amparore)

Ero molto giovane quando vidi l'amore della mia vita, solo che non era lo stesso per questo ragazzo. Facevo terza superiore e questo ragazzo di cui ero innamorata si chiamava Kevin, era molto alto, occhi azzurri, capelli biondi ed intelligente.
Quando scoprii che lui non era innamorato di me impazzii perché tutti erano innamorati di me. Ero su tutte le furie quando tornai a casa, tanto che decisi di fare delle ricerche su di lui, perché avevo deciso di sposarlo a tutti i costi.
Trovai una cosa molto interessante: sul suo blog, aveva scritto così:"Domani parto per tre settimane in crociera!" A quel punto una lampadina si illuminò nella mia testa, avevo deciso cosa fare.
Decisi di preparare le valigie e di travestirmi come la ragazza che gli piaceva per fare in modo che mi sposasse.
Quando la nave partì iniziai a cercare Kevin e quando lo trovai gli chiesi di sposarmi, anche se lui non avrebbe mai capito chi avrebbe sposato davvero.
Lui mi rispose di sì e decidemmo di sposarci su quella nave la settimana dopo.
Quella settimana non ero emozionata come dovrebbe essere una vera sposa perché in realtà non ero neanche più innamorata di lui, volevo solo fargliela pagare.
Il giorno del matrimonio arrivò. Visto che eravamo già in vacanza Kevin decise di allungare le nostre vacanze per collegare la luna di miele a esse, così prendemmo una cabina matrimoniale.


I giorni passavano ed io ero molto contenta di essere riuscita ad incastrarlo. Passato qualche giorno Kevin iniziò a essere strano, non mi chiamava più quando non eravamo insieme e quando ci incontravamo mi salutava con una stretta d mano .
Due giorni dopo provai a telefonare a Kevin, lo cercai ma non lo trovai. La sera di quello stesso giorno ci fu un omicidio nella cabina vicino alla mia. Provai ancora a rintracciare Kevin, ma niente: nessuna traccia di lui.
Quando riuscii ad addormentarmi erano già le tre di mattina e quindi dormii pochissimo. Il mattino, mentre facevo la doccia, come d'abitudine, riflettei su quello che era successo la sera prima e decisi di investigare su questo omicidio e scovare il colpevole.
Dopo essermi vestita andai nella stanza del delitto dove c'era ancora il cadavere, lo esaminai e vidi che era stato infilzato da un pugnale. Esaminai anche il pugnale, ma non trovai nessuna traccia. Non avevo idea di chi poteva essere il colpevole ma ero così decisa a scovarlo che mi dimenticai di Kevin. Arrivò presto sera e tornai nella mia cabina.
Non riuscii a dormire, provai a chiamare Kevin che però non rispose. Poi mi dissi:"Ma se il colpevole avesse lasciato altre impronte? Forse l'arma era per distrarci, forse la sua intenzione non è quella di lasciare tracce sull'arma, ma di farsi scoprire diversamente perché è pazzo".
Il mattino dopo una ragazza mi bussò alla porta dicendo che avevano trovato un altro cadavere. Andai subito a vedere e notai che anch'esso era stato ucciso da un pugnale. Alla crociera partecipavano poche persone e ne mancavano poche da uccidere poi sarebbe toccato a me.
Niente di niente, né impronte digitali, né un capello; non trovai niente. Ero lì nella stanza dove c'era il nuovo  cadavere quando sentii una persona gridare. Accorsi subito, ma era troppo tardi. Sempre uguale, anche lei uccisa con un pugnale.
Quando tornai in cabina decisi di distrarmi e provai ad accendere la televisione ma non si accendeva e questo mi sembrò molto strano, mi avvicinai alla televisione e trovai una fessura, provai ad aprirla e dentro la televisione trovai il famoso pugnale, le foto dei cadaveri e di tutti gli altri passeggeri compresa la mia.


Mi venne in mente chi poteva essere il colpevole. Il colpevole era Kevin. Dovevo fare qualcosa, ma era già notte fonda e quindi mi misi a dormire. Il mattino dopo uscii dalla cabina e notai che non c'era nessuno, provai a bussare alla porta di tutti ma nessuno rispondeva.
Andai dal capitano ma non lo trovai. Mi arresi, tornai nella mia cabina e mi misi sotto la doccia. A un certo punto mi trovai davanti, nella doccia, Kevin che mi infilzò con il pugnale. Nei miei ultimi istanti di vita gli dissi:"Io lo sapevoooo che eri stato tu, te la farò pagareee!"
Da quel giorno la vita di Kevin fu impossibile: nessuna ragazza lo salutava o si avvicinava a lui. Kevin non capiva, aveva iniziato a pensare che la maledizione che gli aveva lanciato sua moglie prima di morire si fosse avverata. Senza più nessuno accanto a sostenerlo Kevin decise di andare dalla polizia a costituirsi così in carcere avrebbe avuto tempo per riflettere su quello che aveva fatto in quella crociera a tanti innocenti solo perché aveva scoperto che in realtà non aveva sposato la ragazza della sua vita.

FINE!        
Cinzia   amparore