lunedì 26 settembre 2016

The Black Forest (racconto a puntate di Alessandra Battello). Sesta puntata

CAPITOLO 6
IL RITROVAMENTO

Mentre camminavamo con le mie amiche dietro, sporche di sangue, sentimmo dei rumori in un cespuglio. Si misero tutte dietro di me, terrorizzate, ma dal cespuglio non uscì alcun mostro né bestia, ma un ragazzo, un ragazzo come noi.
Era un ragazzo alto e magro, capelli ricci e arruffati, aveva i vestiti strappati sulle maniche e sulla gamba destra. Il ragazzo fece appena in tempo a dire: “Aiuto …” che svenne battendo la testa in modo violento contro una radice. Noi ci avvicinammo ed era anch’esso sporco di sangue ovunque.
Dopo circa una mezz’ora iniziò a svegliarsi. Gli chiedemmo: “Per cosa hai bisogno d’aiuto ?”. Lui riuscì a spiccicare due parole: “Aiuto, m…mostro” poi gli mancò il fiato, notammo che la maglietta era imbrattata di sangue. Al campeggio avevamo la cassetta del pronto intervento allora lo aiutammo ad alzarsi e lo portammo alle tende. Marta guardò quanto era grosso il taglio, era lungo più o meno 8 cm. Prese l’acqua ossigenata e gliela buttò sulla ferita. Lui fece una smorfia di dolore e poi chiuse gli occhi, una volta che la ferita e le mani di Marta furono disinfettate prese ago e filo e gli cucì il taglio e poi gli bendò la zona dell’addome dove era ferito e lo lasciò riposare un po’.
Dormì quasi tre ore. Quando finalmente si svegliò gli chiedemmo il significato delle parole pronunciate da lui prima: aiuto e mostro. Lui ci disse che prima che lo trovassimo noi stava scappando da un essere terrificante, mostruoso. Io gli chiesi di descrivermelo: lui mi disse che aveva occhi gialli fluorescenti e delle unghie orribilmente lunghe e taglienti come coltelli e che erano stati quegli artigli a ferirlo. Ancora non riusciva a camminare ma la ferita stava guarendo bene.
La sera riuscimmo finalmente a mangiare qualcosa, mentre parlavamo io gli chiesi il suo nome, e lui mi disse: “Mi chiamo Vittorio”. Lui allora iniziò a chiederci i nomi; prima a me, poi ad Andre e poi a Marta. Una volta fatta conoscenza iniziammo a parlare delle nostre vite e di come eravamo finiti in quel posto orribile.
Iniziò a dire: “Io sono arrivato qui con la mia ragazza, poi, la prima sera, la trovai accanto a me tutta graffiata con tre graffi sul collo che si distinguevano dagli altri” … A quelle parole rabbrividii. Le altre lo ascoltavano attentamente fino a quando si sentì un fruscio in un cespuglio: ci rifugiammo tutti in tenda.
Un’ombra ci passò accanto poi sparì. Restammo in ascolto per qualche minuto. Tutto fuori taceva. Mi sporsi all’esterno con la testa. Il fuoco che avevamo acceso era spento. Dissi: “Meglio stare qui fino a domattina”. E gli altri annuirono.


sabato 24 settembre 2016

The Black Forest (racconto a puntate di Alessandra Battello). Quinta puntata

 CAPITOLO 5
LA MORTE D’UN ALTRO MEMBRO
Non sapevo che intenzioni avesse … Chiusi gli occhi e me li coprii con le mani, quando li riaprii vidi un bambino morto davanti a me … C’era sangue sulla faccia bianca del mostro, sul coltello, sul corpo e sulle mani mie e delle mie amiche … Marta disse: “Se è un sogno svegliatemi, vi prego !!!! HO PAURA !”

Passammo anche la seconda notte in questo terrificante ospedale e la passammo stranamente tranquilli, io comunque non dormii: continuavo a pensare a quell’essere terrificante che bloccava il passaggio e che sgozzò quel bambino … Ripensai a tutti i cadaveri che c’erano in quell’edificio. Avevano tutti la pancia aperta in metà con le budella fuori … Il mattino seguente decisi di tornare all’entrata per vedere se c’era ancora quell’essere. Non c’era più ma … La porta era bloccata. Ad un certo punto sentii chiamare il mio nome, spaventata mi voltai e gridai a gran voce: “CHI E’?” La voce rispose: “Sono io, Marta.” Tirai un sospiro di sollievo. Tornai nella stanza dove avevamo passato la notte e dissi: “Dimmi Marta, hai bisogno?” E lei disse: “Non sarebbe il caso di cominciare a pensare al cibo? Non so tu ma io comincio ad aver fame …” Io le risposi con un sorriso sforzato: “Non preoccuparti, andrà tutto bene, ci sto lavorando…” Lei mi prese la mano, me la strinse e mi disse in lacrime: “Ale … io non voglio morire. Io voglio stare qui, con te, con Andre, voglio stare qui … TI PREGO … non voglio abbandonarti, ma qualunque cosa accada, io ti vorrò sempre bene.” Io le risposi quasi in lacrime: “Tranquilla tu non morirai, te lo prometto.” La abbracciai.
 
Qualche ora dopo trovammo a terra, girando per quest’orrendo ospedale, un piede di porco sporco di sangue secco. Lo prendemmo e riuscimmo ad aprire la porta. Fuori la foresta era umida e buia. Ci incamminammo verso le tende. Sentii Andreea gridare, noi tutti ci girammo e le chiedemmo cosa le era successo: lei ci disse che aveva visto un uomo impiccato al ramo di un albero. Alzammo gli occhi ma non c’era nessuno, allora proseguimmo nel cammino. A un certo punto: “AAAAAHHHA !!!!!!!!!!!”: un urlo assordante provenne da dietro di noi. Mi girai e i miei compagni erano tutti immobilizzati dalla paura. Si girarono verso di me e … le loro facce erano tutte ricoperte di un sangue scuro. Gli chiesi cosa fosse successo ma nessuno di loro rispose. Mi avvicinai e …  ai piedi di Andreea c’era il corpo dissanguato di Federico … mi sono avvicinata di più e … sul collo aveva gli stessi graffi che aveva mio padre … la bestia aveva colpito ancora …