C’era
una volta una giovane principessa che stava cacciando nel bosco. Arrivata
all’inizio di una radura vide in lontananza un cervo: mise una freccia nel suo
arco e con un colpo preciso lo uccise. Passando
sul bordo di un fiume, vide un pesce guizzare sulla superficie dell’acqua e
galoppando lo infilzò con una delle sue
infallibili frecce.
All’improvviso
sentì il corno suonare l’allarme al castello. Rinunciò alla caccia spronando il
cavallo verso casa.
Attraversando
l’ultimo bosco prima del castello, sentì dei rami spezzarsi ma non fece in
tempo a sfuggire all’agguato.
Lo
zio malefico, che nel frattempo aveva rapito e imprigionato i suoi genitori, il
re e la regina di cui voleva prendere il posto, in un oscuro castello,
l’aggredì. Ne seguì un furioso corpo a corpo dove lei rimase gravemente ferita.
Lo zio l’abbandonò in fin di vita nel bosco, rubandole il favoloso arco.
Un
elfo biondo che abitava in quel bosco, imbattutosi nella ragazza ferita, la riconobbe
come figlia del re. Prese il suo corno e lanciò un segnale acutissimo per
chiedere aiuto ai suoi compagni, che arrivarono in un batter d’occhio a cavallo
dei loro unicorni. Misero la principessa su una lettiga e la portarono al loro
villaggio per curarla.
Le
medicine elfiche fecero miracoli: in pochi giorni la principessa fu in grado di
rimontare a cavallo per dirigersi verso l’ oscuro castello a liberare i suoi
genitori, con un nuovo arco che si costruì da sola.
Ma
arrivata nei pressi della magica dimora dello zio si rese conto della
difficoltà dell’ impresa. Un profondo fossato di lava incandescente impediva
l’accesso al castello e l’unico ponte era custodito da un‘ orribile chimera
creata dallo zio: un drago tigre sputafuoco.
Tentò
ripetutamente di colpirlo ma le sue frecce si scioglievano in volo
avvicinandosi al mostro. Quando stava per rinunciare, arrivò in suo aiuto
l’elfo biondo portandole un arco magico forgiato con l’oro di un corno di
unicorno. Le sue frecce non potevano in alcun modo essere deviate dal loro
bersaglio: il drago tigre fu colpito al cuore e scoppiò lasciando libero il passaggio.
I
due si precipitarono verso il castello, ma dovettero sfuggire ai piccoli draghi
volanti che emergevano dalla lava del fossato. Ne infilzarono almeno due decine
e giunsero incolumi all’ingresso del nero castello.
Un
lungo corridoio di lastre di pietra istoriata conduceva alla sala del trono.
L’elfo avanzò deciso, ma cadde in una botola e fu salvato in extremis dalla
principessa che gli porse una mano. Capirono che il corridoio era disseminato
di trappole. L’elfo, trovati dei sassi pesanti, li lanciò per scoprire le
botole e trovare un percorso sicuro.
Superato
il corridoio vennero assaliti da schiere di armature che si animarono per
magia. Dovettero ingaggiare un lungo combattimento, ma ne uscirono nuovamente
vincitori.
Entrati
nella sala del trono, si trovarono di fronte allo zio malvagio e al re e alla
regina incatenati. L’arciera vide al collo dello zio un pendaglio con un
triangolo d’oro che circondava un occhio pauroso. Capì che quel ciondolo era la
causa dell’incantesimo che aveva reso lo zio malefico.
Mirò con cura e colpì
con precisione l’occhio del ciondolo.
Il
mago parve risvegliarsi da un lungo sortilegio: riconobbe il fratello, la
cognata e la nipote. Li abbracciò e con una magia, buona questa volta, circondò
il nero castello con una nube colorata. Quando la nube scomparve, il castello
si era come rasserenato: nel salone c’era una magnifica tavola imbandita, con
servi, dame e cavalieri, musiche e danze.
L’arciera
e l’elfo biondo si sposarono ed ebbero una schiera di figli, tra cui il nonno
del celebre arciere Robin Hood.